SE FANNO COME I PREDECESSORI, CHISSENE IMPORTA SE SONO PIU' GIOVANI

 


Sacrosante le considerazioni, non nuove ma repetita juvant si sa, che Davide Giacalone fa sulla oscena pressione fiscale esistente in Italia, sollecitando a mettere velocemente mano alla correzione di questa stortura disastrosa il neo Premier Renzi. Peraltro, posto che un programma di governo allo stato non c'è, che il "nostro" si è ritrovato in fretta e furia a dover uscire dalla palude, lasciare le chiavi di Palazzo Vecchio a Nardella (qualcuno ha fatto caso che il candiato sindaco di Firenze sta sempre in tv per il PD da un po' ? chissà come saranno felici i suoi concorrenti in città) e buttare dalla finestra l'amico Letta, che tanto rispettava. Dobbiamo dargli un po' di tempo. Però, nel mentre, lui parla, tanto, e la parola "tagli" alla spesa pubblica non si ode mai. Viceversa sappiamo che la tassa sulla prima casa tornerà. con la TASI e sarà più alta di prima. Però questo argomento Renzi non lo tratta. E infatti gli italiani, secondo i sondaggi, gli danno fiducia. Vedremo se continueranno a dargliela al momento di sborsare. 
Onestamente però il coraggio di dire che qualcosa l'aumenterà l'ha avuto, parlando delle demoniache rendite finanziarie. In Italia si sa, siamo a livelli di prelievo  più bassi rispetto al gotha europeo (Germania e FRancia). Oh, ci fosse mai un cane di giornalista che a questa osservazione beota obietti al governante tassaiolo di turno : visto che nell'insieme siamo già al 54% di prelievo fiscale, forse non è il caso di trovare nuove praterie da disertificare !
Giacalone lo scrive, che è poco ma almeno è qualcosa.


Presto che è tardi


Speedy-Renzi deve stare attento a non far la fine di Achille. No, non Occhetto, che quello è facile evitarlo, ma “piè veloce”, che correva come un matto, ma non poteva raggiungere la tartaruga. Con l’aggravante che la testuggine da raggiungere, in Italia, è a sua volta una velocista formidabile: la pressione fiscale. In altre parole: Renzi sembra correre, ma rischia d’essere un’illusione ottica e, se non si sbriga, le tasse vincono la gara.
Il paradosso di Zenone (quello della tartaruga) richiede, per essere compreso, un certo impegno logico. Il “trucco” sta nel fatto che raggiungere non è superare, sicché se anche arrivi dov’è la tartaruga quella, nel frattempo, è andata avanti. E così via all’infinito. Quello di Speedy-Renzi non è un paradosso, ma una dannazione, perché lui non è ancora partito, sta ancora spiegando che farà sfracelli, ma il fisco già corre alla grande. Faccio solo due esempi, indicando poi il turpe trucco.
Nel caso della tassazione del risparmio si è partiti dall’affermazione che, in Italia, le aliquote sono inferiori alla media europea. A parte il fatto che non è del tutto vero, perché in qualche caso sono superiori, ma la tassazione complessiva del risparmio, patrimoniali e bolli compresi, non è poi significativamente distante dalla pratica continentale. Peccato che da noi si applica avendo già una fiscalità totale superiore alla media europea, sicché, alla fine, se ti limiti ad alzare le tasse sul risparmio ottieni un effetto punitivo e recessivo. L’esatto contrario di quello di cui abbiamo bisogno.
Nel caso degli immobili, invece, si assiste a un fenomeno terrificante: da una parte si alzano le aliquote massime (ivi comprese le patrimoniali mascherate da tasse per i servizi indivisibili o per i rifiuti), sapendo che il crescere della liquidità di cui gli enti locali hanno bisogno spingerà tutti verso il tetto, come in una nave che affonda, dall’altra si promette la riforma del catasto. Ma tale riforma è finalizzata a portare le rendite catastali più vicine alla realtà del mercato, quindi a farle crescere. Se applichi quelle aliquote massime a valori catastali rivalutati ottieni un risultato intollerabile: avere una casa ti strangola fiscalmente. E la paura he prendi nel frattempo esclude che tu possa far crescere i consumi. Ancora una volta è il contrario di quel che ci serve.
Cribbio, diranno al governo, da noi che volete, siamo arrivati la settimana scorsa?! Vogliamo che la smettiate di tener sermoni e passiate a prendere provvedimenti. E vogliamo che abbattiate un dogma, grazie al quale non solo falliscono i governi, ma direttamente gli italiani: il saldo fiscale, una volta fatte le riforme, non solo non deve essere attivo, ma neanche deve essere invariato, deve variare, nel senso che deve diminuire. Questo è il “trucco” che ci uccide. Ma, allora, si fa crescere il debito? No, perché il lavoro da farsi consiste proprio nel tagliare le spese più di quanto si tagli la pressione fiscale. La formula è: -fisco + Cottarelli = sviluppo. Perché, altrimenti: + Cottarelli + fisco = recessione. Il taglio della spesa pubblica è accrescitivo della ricchezza se propizia la diminuzione del prelievo, mentre diventa recessivo se si accompagna alla sua crescita. E mentre per far crescere la pressione basta restare fermi, per farla scendere sono indispensabili riforme e scelte. Fra cui ve ne sono di difficili. Qualcuno le sta facendo? Non lo so, perché manco esiste un programma di governo. Una cosa la so: nessuno le ha fatte. Se nessuno le fa il governo diventa la copia conforme dei predecessori. E chi se ne importa se sono più giovani.
Mi preoccupa che mentre fiorisce la futuristica retorica della velocità, e mentre qualche immagine televisiva rimanda allo staraciano elogio della corsetta, in realtà il vantaggio competitivo se l’è preso il fisco, le cui pretese crescono perché insegue la spesa (compresa quella dimostratamente fallimentare, come accade al comune di Roma). Mi preoccupa che Speedy-Renzi sia tale solo se messo a confronto con alcune mummie ancora vaganti, ma, al momento, è un posapiano, rispetto alla realtà che corre. E’ troppo presto per dirlo? Può darsi. Non vorrei che poi fosse troppo tardi. Le condizioni per operare ci sono. Meglio in fattivo silenzio che il facondo stazionamento.
Se non lo capiscono in italiano, proviamo in inglese: let’s move. Arriminati, dalle mie parti. Altrimenti, come diceva la mi mamma, ch’era tosca: gli fa come i’ nonno alla nonna.